Si arriva ad un certo punto della propria vita in cui i treni passano e non si può fare a meno di saltarci sopra per provare a vivere un’esperienza che possa cambiare completamente la nostra esistenza. Ci sono dubbi e paure che un nuovo inizio fisiologicamente porta con sé, ma sono compensati dall’entusiasmo e dall’adrenalina di chi sta scoprendo la propria strada in mezzo al mondo.
Per Stefano Trovò, il nostro centrale di 23 anni, il treno della vita è passato più o meno un mese fa, con la chiamata dal mondo professionistico della pallavolo, più precisamente quello della Libertas Brianza, squadra di Cantù che milita nel campionato di A2. La società lo ha voluto come nuovo centrale e gli ha offerto l’opportunità di vivere quel sogno che tutti i ragazzini hanno quando iniziano a praticare uno sport, qualsiasi sia la disciplina.

Questa opportunità è il frutto di un talento purissimo, unito a doti fisiche non indifferenti, come i suoi 205 cm testimoniano, che in 5 anni lo hanno portato dall’essere un novellino di questo sport a un professionista come la sua ragazza, Benedetta Sartori, che milita in A2 con la maglia della Futura Volley. E’ un passaggio tanto rapido e prestigioso, quanto fatto di sacrifici che sono solo all’inizio perché essere professionisti vuol dire mettere il proprio dovere davanti a tutto, senza se e senza ma.

Quando inizia la tua avventura nel mondo della pallavolo?

“Inizia relativamente tardi. Incomincio a giocare a 18 anni, al primo anno di Università, proprio nella mia Gallarate. Dopo aver fatto due annate in Serie D, è arrivata la chiamata della R&S Volley Mozzate in Serie C, con cui ho giocato altri tre anni, di cui l’ultimo contrassegnato anche dal covid-19. Giocare a pallavolo altro non era che un modo per fare sport, affacciarmi ad una nuova disciplina. Sono stato aiutato dalle mie doti fisiche, mentre tecnicamente sono sempre stato molto acerbo rispetto ai miei compagni”.

In quale di questi 5 anni hai vissuto il tuo momento di crescita più importante?

“Quando sono passato dalla Serie D alla Serie C, per un salto di categoria importante, anche se, paragonato a quello che sto facendo adesso, è niente. A Mozzate devo molto e senza di loro sicuramente non sarei a Cantù. Con loro ho avuto modo di imparare parecchio e di crescere in un contesto di squadra giovane che mi ha aiutato ad esprimermi al meglio”.

Com’è stato il momento della chiamata da parte della Libertas Brianza?

“E’ stato bellissimo. Non nascondo che comunque ci ho riflettuto parecchio, perché non si trattava di uscire a bere un caffè con un amico, ma si parlava di cambiare completamente tutta la mia vita e le mie abitudini. Detto ciò, sapevo ancor meglio cosa mi aspettava, perché la mia ragazza gioca in A2 e quindi so quali sacrifici comporta fare la vita da professionista. Questo però non mi ha spaventato e ho colto l’opportunità sapendo che un’esperienza del genere può durare solo un anno o può cambiarti la vita per sempre”.

 

 

Cosa cambia questo nella vita di tutti i giorni essere un professionista?

“Cambia tutto, sia a livello sportivo che di vita in generale. Quando sei professionista non vai più in palestra per stare con gli amici o divertirti, ma vai ad allenarti perché è il tuo lavoro e devi fare bene per questo. Gli allenamenti sono diversi e all’interno dello stesso giorno lavori su aspetti diversi, da quello fisico a quello tecnico a quello tattico e così via. Il ritmo e la concentrazione che ci devi mettere è totalmente di un altro livello. Come cambia in campo, la vita cambia anche fuori perché ad esempio il venerdì o il sabato sera non sono più gli stessi di prima; non puoi uscire e fare mattina sapendo che il giorno dopo hai una partita o una doppia sessione di allenamento che magari inizia alle 9”.

Questo ti pesa?

“Adesso no, per niente. Sono felicissimo della scelta che ho fatto, vado in palestra con il sorriso perché so quanto questo anno possa essermi utile per migliorare. Se farò bene e sarò bravo potrà anche aprirmi strade importanti, perché quello che posso fare a Cantù quest’anno non so in quanti anni e se lo avrei mai raggiunto non accettando la proposta”.

A livello di gioco, in questo primo mese di lavoro a Cantù di cosa ti stai accorgendo?

“Questo è completamente un altro sport. In allenamento si lavora alla ricerca della cura e del dettaglio in ogni movimento, che vada dall’appoggio all’attacco, è tutto totalmente diverso. Sicuramente vivo tutto questo in maniera amplificata, avendo fatto un salto improvviso di diverse categorie, e questo si sente. Al primo giorno di allenamento mi sono chiesto un po’ cosa ci facessi in quella squadra e sono assolutamente rimasto colpito dalla velocità di gioco con cui la palla viaggia in campo”.

Come ti stai trovando in questa nuova realtà?

“Molto bene. Me ne avevano parlato tutti benissimo ed in effetti ho trovato tutto il buono di cui mi avevano detto. Staff, allenatore, compagni, sono tutte persone ottime. Siamo una squadra che ha un buon mix tra giovani e senior e questo aiuta da una parte per l’entusiasmo e la fame e dall’altra per l’esperienza. Ho la fortuna di giocare con ragazzi che hanno giocato anni ed anni in Serie A da cui posso solo imparare ed è quello che voglio fare. Il mio obiettivo è quello di crescere quanto più possibile, lavorando duramente e seguendo tutte le indicazioni che mi vengono date”.

Come vivi il tuo rapporto con la tua ragazza, lei che già da diversi anni fa la professionista in questo sport?

“Lei è stata contenta fin da subito per questa mia scelta ed opportunità perché sa bene cosa mi aspetta. Sicuramente ora avremo meno tempo per noi, però è contenta lei così come lo sono io”.

Chi è più forte tra voi due a giocare?

“Per ora lei, però perché gioca da più tempo, anche se io ci ho messo meno ad arrivare in Serie A”.

In tutto questo c’è qualcosa che ti spaventa?

“No, ad oggi è tutto bello. Non c’è nulla che mi spaventi, mi sto trovando bene in tutto. Come ogni atleta, la speranza principale è sempre quella che il fisico regga e non ci siano infortuni. Tolto questo discorso, non c’è nulla che mi fa pensare male”.

 

 

Tratto dall’articolo di VareseVolley